Ad Un Grande Uomo

Dal Corriere della Sera del 21 giugno:

Il grande sportivo è morto a 47 anni: fu il campione dei profughi della sua terra
Le vite di Bol: figlio della tribù, eroe del basket e voce del Sudan

La scomparsa di Manute, il «gigante buono»
Il grande sportivo è morto a 47 anni: fu il campione dei profughi della sua terra

Manute Bol in una foto del 2006 (Ap)

WASHINGTON – Sul campo di basket era sensazionale. Non era un talento, ma dalla sommità dei suoi 2 metri e 31, uno dei due giocatori più alti nella storia della Nba, riusciva a fermare l’impossibile, battendo ogni record di stoppate. Era così magro e sottile, che uno dei suoi allenatori lo paragonò a un gigantesco grillo e Woody Allen a un fax. Ma di Manute Bol, morto l’altra sera a soli 47 anni per una rara malattia cutanea e complicazioni renali in un ospedale di Charlottesville, in Virginia, sono altri i talenti che hanno reso straordinario il suo passaggio terreno, facendone, com’è stato giustamente osservato, «un eroe e un esempio per il Sudan e il mondo». Era nel martoriato Paese africano, infatti, che Bol aveva iniziato il suo improbabile viaggio verso la fama cestistica americana. Lì era nato, nel 1962, figlio del popolo Dinka, discendente di capi tribali, passato attraverso tutti o quasi i riti d’iniziazione: volentieri uccise un leone con una lancia, malvolentieri si sottopose ai rituali sfregi sul cuoio capelluto e all’ asportazione di sei denti. La sua vita era cambiata nel 1982, quando Don Feeley, allenatore in cerca di campioni africani, lo vide a Khartoum e lo convinse a seguirlo in America.

Bol fino a quel momento aveva soltanto fatto il guardiano di mucche e non aveva mai toccato un pallone. Ma su suggerimento di Feeley, l’anno dopo i San Diego Clippers gli fecero un contratto. Fu la prima di dieci stagioni, attraverso la University of Connecticut, Rhode Island, Washington, Miami, Philadelphia, Golden State. Dopo gli Stati Uniti, fece anche un brevissimo passaggio in Italia. Ma mai dimenticò il Sudan, di cui aveva sposato in prime nozze una figlia, Atong, dopo averne convinto la famiglia con il dono di 80 mucche. Soprattutto non dimenticò il Paese devastato dalle guerre civili tra l’élite musulmana del Nord e la popolazione cristiana animista del Sud. Anzi, tutta la sua carriera e gran parte dei soldi guadagnati da cestista li spese per aiutare rifugiati e poveri sudanesi. Manute Bol era in testa nei sit-in di protesta davanti all’ambasciata sudanese di Washington, visitava i campi dei profughi, raccoglieva fondi per alleviare la sofferenza dei suoi connazionali. «Dio mi ha guidato in America dandomi un buon lavoro, ma mi ha dato anche un cuore per guardare indietro», diceva Bol, che era cristiano. Nel 1998 era tornato in Sudan, rimanendo vittima delle dispute interne al regime. Rifiutò il posto di ministro dello Sport, respingendo la pre-condizione di convertirsi all’Islam. Lo accusarono di finanziare i ribelli cristiani Dinka, la sua tribù.

Diventò esule nel suo Paese. Solo nel 2002 gli fu accordato l’espatrio, accolto nuovamente negli USA, questa volta come rifugiato per motivi religiosi. Il Sudan che si lasciò alle spalle sprofondava nuovamente verso il baratro della guerra civile e il genocidio nel Darfur. Bol giocò anche a hockey sul ghiaccio per raccogliere fondi. Nel 2006 partecipò alla marcia di tre settimane da New York a Washington per la libertà del Sudan, organizzata da Simon Deng, ex nuotatore sudanese suo amico. Divenne perfino uno dei personaggi di What is the What (tradotto in italiano da Mondadori con il titolo Erano solo ragazzi in cammino), il romanzo di Dave Eggers ispirato alla vita di Valentino Achak Deng, uno dei «Lost Boys of Sudan » che fuggirono a piedi dall’ inferno e furono tra i 3800 rifugiati che vennero accolti negli Stati Uniti. «Se ognuno nel mondo fosse come Manute Bol – ha detto Charles Barkley, suo ex compagno di squadra a Philadelphia – questo sarebbe il mondo nel quale vorrei vivere». Requiem per l’uomo dei buoni canestri.

di marinz Inviato su Sudan

Nel Darfur non c’è stato genocidio

E si torna a parlare di Sudan… ieri, per la prima volta nella sua storia, la Corte Penale Internazionale, ha autorizzato l’arresto del presidente, in carica, del Sudan Al Bashir.
La risposta del presidente sudanese non si è fatta attendere espellendo diverse ONG, tra cui Medici Senza Frontiere, causando così un blocco di aiuti umanitari in un paese dove povertà e malattie sono all’ordine del giorno. Oggi, oltretutto, anche la Cina, uno dei paesi che non ha firmato il trattato, insieme a Stati Uniti, Libia e Iran, chiede che venga ritirato il mandato di cattura perchè, credo, che il potere economico valga di più di "poche" vite umane. Vite umane che non sono state prese in considerazione per l’accusa che si è ridotta da genocidio a crimini contro l’umanità "sminuendo" tutto quello che è stato fatto nel Darfur in questi anni.
Mi sto domandando che differenza c’è tra i due termini e non ne vengo a capo… secondo me hanno lo stesso significato cioè quello di violare quello che di più grande c’è al mondo: la Vita.
Ho visto, nel 2003, la tragedia dovuta alla guerra con i profughi nella periferia della città o la desolazione del territorio più si andava verso sud e, nonostante tutto, la dignità di un popolo che continuava a voler vivere e ricreare un paese povero, anche se iniziavano ad arrivare le prime industrie straniere, in accordo con Al Bashir, per sfruttare le risorse petrolifere che si erano appena trovate… e da qui si capisce perchè Cina e Stati Uniti non hanno firmato la ratifica del mandato di arresto, mentre per Libia e Iran è una questione politico/religiosa essendo tutti ancora dei paesi dove esiste ancora la legge islamica.

Oltretutto da dicembre stavo pensando di tornare per finire, controllare e iniziare un nuovo progetto e la decisione dovrebbe essere presa, tra marzo e aprile, con il responsabile della scuola di Khartoum che è di passaggio in Italia. Chissà se si riuscirà… io spero vivamente di si.

di marinz Inviato su Sudan

Povero Sudan

La Corte Penale Internazionale ha chiesto l’arresto di Al Bashir, presidente del Sudan, per il genocidio del Darfur.

Dopo la guerra economica, mascherata dal conflitto religioso/ideologico tra cristiani, tra il nord e il sud, terminata nel 2004, che ha lasciate molte ferite aperte in tutto il paese, oltre 2.000.000 di morti e milioni di profughi, con non ultimo il fatto grave dell’incidente, se si tratta di incidente, a John Garang, è iniziata la guerra ai nomadi della ragione del Darfur. Regione ricca di petrolio che ha decentrato il problema delle ricchezze verso est causando fin’ora migliaia di vittime, un milioni di sfollati, 150.000 profughi, principalmente donne e bambini, in Ciad e 1,2 milioni di vittime della crisi alimentari che è seguita a questa guerra.

Come sempre le ragioni economiche vengono prima dell’essere umano. Guardiamo i fatti come si sono evoluti: dopo la dichiarazione del CPI il Sudan dice che non riconosce l’autorità, la Cina, Russia e anche gli Stati Uniti non firmano la rettifica della richiesta. Questo perchè? Perchè il Sudan è una delle nazioni emergenti come produttore di petrolio, specificatamente nella zona del Darfur. Inoltre la Cina è uno dei paesi che offre le sue armi per l’esercito sudanese.

Cosa succede ora e nel futuro? Nel momento presente i caschi blu dell’ONU in missione con le unità di pace dell’Africa Unita stanno lasciando il paese. Le ONG stanno diminuendo il personale per paure di ritorsioni. I cittadini occidentali sono invitati a lasciare il paese.

E il mio pensiero va verso le persone che operano nelle scuole di formazione che ho incontrato nella mia esperienza del 2003, ai professori profughi che vivono una continua guerra e non potranno forse mai vedere la pace, a tutti i bambini che ho visto e che mi hanno regalato il loro sorriso e donato il loro sguardo sempre pieno di gioia e bellezza.

Chissà cosa succederà ora e cosa succederà dei più poveri che sono sempre quelli che rischiano, che soffrono e vivono nella disperazione.

Già oggi i giornali non riportano più la notizia che sta passando in secondo piano.

Chiudo scrivendo uno dei proverbi africani che preferisco:
Quando gli elefanti combattono è sempre l’erba a rimanere schiacciata.

di marinz Inviato su Sudan

Notizie direttamente dal Sudan

Ciao a tutti!
Sono rientrato da poco dai miei pochi giorni di vacanze e ho trovato nella mia casella questa mail, è scritta da un volontario con cui sono stato in Sudan 2 anni fa, c’è qualche errore in Italiano ma ho voluto lasciarla così come è (In Sudan si parla inglese o arabo e quindi si perde dimestichezza con la grammatica italiana)
Buona Lettura!!!
 
 Sudan, Khartoum August 14, 2005

 

 

Un saluto dal sempre e oggi ancora piu’ Martoriato Sudan.

Mi faccio vivo solo quando capitano delle tragedie inumane come nel 1998 quando la tragedia della fame risaputa e volontariamente ritardata e calcolata facendo ritardare gli aiuti umanitari, morirono  migliaia di persone e bambini innocenti, oggi purtroppo non e’ la fame ma rabbia delle gente che ha fatto morire almeno qualche centinaia di persone

Dopo oltre 2i anni di guerra interna, sotto la maschera di guerra religiosa fra musulmani e cristiani, ma in pratica l’interesse che ultimamente diverse nazioni, special;mente l’America e’ diventata una guerra economica per la caccia all’oro nero, il Petrolio”.

In questi giorni incominciavamo a gustare i primi felici  risultati del Trattato di Pace tra nord e sud, firmato in gennaio 2005, quando l’improvvisa e misteriosa morte del vice presidente, cristiano, John Garang e’ stata come una fitta diretta al cuore dei Sud Sudanesi prevalentemente cristiani. Improvvisamente si sono trovati, come orfani,  privati del loro Leader e difensore dei loro diritti. Per 21 anni aveva combattuto per i diritti e l’indipendenza del Sud Sudan. Dopo la morte del loro Leader specialmente i  giovani del Sud dicevano: ” E’ meglio morire colpiti da una pallottola combattendo per la liberta’ che morire di fame e di stenti nei campi profughi nel deserto”.  Molti di loro si armarono di qualunque cosa per combattere: spranghe di ferro, bastoni, coltelli, pietre, macete etc dai campi profughi scesero in  citta’ percorrendo le vie principali di Khartoum distruggevano, bruciavano sgozzavano, ammazzavano qualunque arabo che trovassero per strada

Alcuni cristiani della nostra parrocchia attaccarono alcune moschee… fu allora che i Muazin delle moschee lanciarono il grido;” JIHAD” Guerra Santa! Combattiamo per la Guerra santa contro gli eretici cattolici. Furono due giorni di lotta corpo a corpo, due centri, cappellanie, della nostra parrocchia furono bruciati, e questo incito’ a sua volta i cristiani a combattere.

Intanto il Governo fece arrivare da altre regioni soldati specializzati nella lotta contro le dimostrazioni e nella serata riuscirono a separarli. Naturalmente tutta la notte fu un via vai di gente. A sue volta la polizia col video aveva preso di mira i principali rivoluzionari e di notte la polizia andava a bussare alla loro porta freddandoli sul posto, buttando il corpo nelle strade seminando terrore e disperazione.

L’ambasciata ci ordino’ di non uscire di casa.. Oggi Lunedì 8 agosto finalmente  con cautela possiamo uscire di casa,  la situazione si e’ calmata e speriamo presto si normalizzi.

Quanti siano morti in 4-5 giorni di combattimento solo il Signore lo sa.

Oggi i nostri ragazzi sono venuti a scuola, tutti sani e salvi., ma sul volto di molti si vedeva che erano sconvolti e disorientati per quello che avevano visto e vissuto in prima persona. Alcuni di loro mi raccontarono case incredibili da far rabbrividire:. hanno visto sgozzare la gente come quando i musulmani sgozzano il montone per le loro feste,  ammazzamenti con un colpo in testa, stupro e  rapimenti. Uno si domanda : come puo’ un uomo arrivare a tanta cattiveria e malvagità?

Oggi abbiamo tutti assieme ringraziato il Signore per salvi, e perche’ averci scampato da una massacro di migliaia di persone se diventava una guerra civile-religiosa.

 Preghiamo per la Pace in Sudan che ogni volta che stiamo per ottenerla sembra sempre che voli via.

di marinz Inviato su Sudan

Ancora sul Sudan

Ecco un altro articolo su quello che succede nel Sudan…
Nell’articolo si parla di El-Obeid… ho passato una settimana della mia esperienza nel Sudan in questa piccola cittadina a circa 700km dalla capitale, raggiungibile con un viaggio di 7 ore in pullman…
ho visitato la cattedrale e ho parlato con persone che conoscono il vescovo in esilio…
Pensare che sono passati appena due anni e che se avevo le possibiltà ci sarei tornato quest’anno…
 
di marinz Inviato su Sudan

Pace a rischio

Giorni difficili in Sudan
Non posso non pensare alle persone che ho conosciuto e che vivono o lavorano in Sudan, in particolare a Khartum.
Quando finalmente si era raggiunta la pace a costo di milioni di vittime civili, la maggior parte innocenti, in 20 e passa anni di guerra succede che si ribiomba nel kaos…
Non posso non pensare che il governo non c’entri niente… troppe persone, anche tra gli arabi, speravano in una democrazia nuova e alla fine del regime…
aspettiamo e attendiamo cosa succederà, pregando che non succeda niente ai profughi e ai rifugiati che hanno già provato tanta sofferenza
di marinz Inviato su Sudan